Finalisti I edizione

CONCORSO GIOVANI ARTISTI CASTEL SANT’ELMO, NAPOLI
Questo lo saprei fare anch’io. Il contemporaneo ricerca il suo pubblico

 

 I progetti dei 10 Finalisti


 

Menzione Speciale:    Follow me, without exception

Francesco Fossati

“Follow me, without exception” è un progetto che comprende performance e fotografia ed è volto a coinvolgere il pubblico del museo in maniera diretta, stimolando la sua sensibilità e cercando di condurlo ad osservare le opere (ma non solo quelle) in maniera nuova. La performance consiste nel far accompagnare il pubblico del museo da via Tito Angelini 22 sino all’ingresso del museo, ogni singolo visitatore verrà preso per mano e condotto per il percorso da una persona diversamente abile. Quest’opera cerca di dare uno stimolo al pubblico, il lasciarsi guidare da chi non avremmo mai pensato potesse farlo è un modo per incoraggiare lo spettatore ad andare alla ricerca del significato delle opere, non fermarsi solamente al loro aspetto estetico. Da questa esperienza performativa nascerà il progetto fotografico, alcuni dei visitatori verranno fotografati durante il tragitto percorso mano nella mano con i loro accompagnatori, da questo materiale fotografico verranno scelti tre scatti che verranno stampati nel formato di 150 x 110 cm e incorniciati. Le stampe verranno poi esposte durante la mostra del progetto diventando così la documentazione della performance, ma al tempo stesso un’opera che mette il pubblico in una posizione centrale, infatti è pubblico sia chi guarderà il lavoro sia chi è raffigurato all’interno del lavoro. E’ come se il visitatore utilizzasse il museo per guardare a sè stesso.

 

 

Castle Sound

Alessio Ballerini, Pietro Riparbelli

Castle Sound è un progetto site-specific di sound art. Attraverso una mappatura sonora del castello e successiva performance live ed installazione, realizzate con i suoni registrati all’interno degli spazi stessi, sarà proposto un modo innovativo di fruire, ri-scoprendo lo spazio interno ed esterno di Castel Sant’Elmo, cornice suggestiva adatta ad ospitare gli eventi proposti in chiave contemporanea. Saranno ripresi anche i suoni, utilizzando le più moderne tecnologie, delle aree esterne circostanti e quindi flora, fauna e le armonie della natura in genere, promuovendo così all’ascoltatore l’ecologia acustica ed una maggiore attenzione per la salvaguardia del paesaggio sonoro. L’idea di questo progetto è creare un evento a cavallo tra antico e contemporaneo e fare di questo connubio il suo valore aggiunto, sfruttando i luoghi secolari introducendovi nuova linfa vitale grazie all’arte contemporanea. Il progetto vuole mostrare il processo stesso di creazione di un’opera; dall’indagine fino alla realizzazione. È sviluppato su tre piani: 1- una mappatura sonora del castello - archiviazione e archeoacustica (foto arti- stico-rappresentative e suoni) 2- un’installazione sonora - abitare l’opera 3- una sound-performance realizzata con le sorgenti sonore riprese all’interno e all’esterno - ri-significazione dei luoghi. Tutto nasce dall’intenzione di considerare un luogo antico ed un luogo contemporaneo espositivo come unico contesto in cui si svolge l’azione. I luoghi antichi ed in special modo i castelli conservano al loro interno tracce del vissuto storico ed un’atmosfera magica e misteriosa che da queste deriva. Il fulcro di questa indagine è proprio di esplorare le fessure dimensionali di questi spazi con lo scopo di analizzare il passato per mostrarlo attraverso il mezzo dell’arte.

 

 

Altalene

Giulia Beretta, Francesca Borrelli, Silvia Lacatena

La prima caratteristica dell'opera d'arte che abbiamo immaginato e' lo spazio che l'avrebbe circondata. Per noi e' il castello l'opera d'arte in se. Questo che a primo impatto potrebbe sembrare una contraddizione, diventa la dichiarazione d'intenti di un progetto che prima di interessarsi del significato simbolico, della pregevolezza artigianale o del valore estetico dell'oggetto si lascia suggestionare dallo spazio del piazzale d'armi. In tal senso non puo' che diventare strumentale al godimento e alla fruibilita' della piazza, terrazzo, contenitore d'arte e di storia, corte e recinto, sulla citta', nella citta' e allo stesso tempo isolata da essa. Abbiamo deciso di rinunciare al monolitismo dell'opera d'arte unica, che concentra l'attenzione su di se' e divide attentamente lo spazio tra arte e pubblico: elementi diffusi, altalene di altezze e dimensioni diverse, costruite con i materiali piu' disparati, disperse nella piazza d'armi permettono alle persone di riappropriarsi di uno spazio pubblico, di riscoprirne il valore collettivo. Lo spazio esterno al museo diventa luogo di socialita' e contenitore di un arte che si compie interagendo con le persone. Attraverso la dimensione ludica si riscopre una perduta capacita' di godere semplicemente dei luoghi, l'altalena e' un gioco per comprendere lo spazio e l'arte. L'opera e' in continuo movimento, rumorosa e invadente riempie il vuoto ma allo stesso tempo garantisce nella sua semplicita' strutturale la massima versatilita', al momento opportuno sa smontarsi e sparire.

 

 

Migrazione-Immigrazione

Fabrizio Cotognini

Il progetto che vorrei proporre riguarda una riflessione contemporanea sul concetto della migrazione-immigrazione. Proprio per questo motivo ho scelto di lavorare con la metafora dell'Uccello simbolo perenne della rappresentazione dell'anima e quindi della parte spirituale dell'uomo. In questo lavoro la figura dell'uccello perde la valenza simbolica legata al fisiologo medievale, pur mantenendo l'iconografia che gli è propria, ma viene riproposto in una chiave metaforica contemporanea, assumendo cioè tutti quelli che sono i comportamenti dell'individuo all'interno della società: ad esempio la meschinità nel caso del cuculo, l'intimità nel passero solitario, la forza nel picchio di Marte, etc. Gli uccelli divengono cosi' il soggetto di un moto di gioco di parole. Migrazione-Immigrazione. Due temi contrari e paralleli. Le migrazioni sono spostamenti che gli animali compiono in modo regolare, periodico (stagionale), lungo rotte ben precise (ed in genere ripetute), e che coprono distanze anche molto grandi, ma che, poi, sono sempre seguiti da un ritorno alle zone di partenza. In questo caso l'uccello segue il suo istinto naturale. L'immigrazione invece è il trasferimento permanente o temporaneo di gruppi di persone in un paese diverso da quello di origine; dal punto di vista del luogo di destinazione il fenomeno prende questa denominazione, proprio questo fenomeno che spesso è indotto e forzato da situazioni socio-politiche. Il lavoro si pone proprio come un calembour che permette all'osservatore di essere complice di questo esodo contemporaneo.

 

 

Cambiamento di Paradigma

Giulio Delvè

Il progetto “Cambiamento di paradigma” nasce con l’intento di mettere in relazione elementi apparentemente lontani sia temporalmente che concettualmente, evidenziare delle connessioni che altrimenti sfuggirebbero per rielaborare da una nuova prospettiva la nostra storia passata, presente e futura; con l’intento di esaminare e meglio comprendere alcune dinamiche del nostro quotidiano, l'analisi quindi di alcuni avvenimenti di un periodo storico come strumento per conoscere il presente, per comprendere ciò che accade, ma anche ciò che siamo, attraverso punti di vista diversi. Di fondamentale importanza saranno: - il coinvolgimento del pubblico come testimone dei momenti idiosincratici della nostra vita culturale e collettiva - lo spazio museale come luogo nel quale i significati definiti sono annullati e dove lo spettatore è direttamente implicato nell’emergere di significati diversi, i quali diventano visibili solo attraverso l’opera e la nostra percezione della stessa. Il progetto si svilupperà in tre azioni, (una delle quali si svolgerà all’esterno del museo) prevedendo l’interazione fisica ed emotiva in un processo comune delle persone e dei visitatori, che diventeranno performer, al contempo partecipanti e spettatori.

 

 

Arca

Michele Giangrande

Un'arca contemporanea, ludica e al tempo stesso inquietante, costruita attraverso l'assemblaggio di semplici cartoni da imballaggio. Come un'immensa costruzione "Lego" questa nave trasporterà tutti coloro che vorranno navigare i mari dell'arte, andare "oltre", salvarsi dal diluvio universale della banalità e che non si soffermeranno soltanto a dire: "Questo lo saprei fare anch'io".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

30 22 8070

Antonio Domenico Mancini

Il progetto 30_22_8070 prende il nome dal codice di un cannone giocattolo di un noto brand di articoli per bambini. Il progetto immaginato per Castel Sant'Elmo infatti consiste nella realizzazione di cinque cannoni di vetroresina a dimensione reale, in scala ai cannoni esposti nel castello, posti sulle passerelle della piazza d'armi e puntati sulla citta'. Il lavoro prende le mosse dalle vicende storiche del castello, in particolare dalle vicende della Repubblica Napoletana del 1799, essendo stato il castello il primo luogo conquistato dai giacobini che proprio nella piazza d'armi piantarono il primo albero della liberta'. I cannoni saranno 5 come i mesi della Repubblica e le munizioni saranno palle di carta resinata con i testi dei proclami della Repubblica, testi che il museo potra' stampare e dare ai visitatori perche' possano spararli sulla citta' recuperando, anche sul piano ludico, il ruolo del castello nel tessuto cittadino ed i valori che condussero la Rivoluzione del '99. v

 

 

I guardiani del castello

Mariagrazia Pontorno

Pur non essendo napoletana ho molto a cuore Castel S. Elmo perché diversi anni fa ho partecipato alla XII Biennale del Mediterraneo: per due settimane l’ho visitato quotidianamente e la pianta mi è familiare. Faccio questa premessa perché quando ho letto il bando ho pensato al castello non come contenitore di opere, ma come opera che non ha bisogno di nulla se non di essere riconosciuta. Il mio progetto è legato proprio a questa considerazione. Di solito lavoro con l’installazione e il video ma temo che in questo caso usare le nuove tecnologie sia poco consigliabile da diversi punti di vista: videoproiezioni e installazioni sonore risulterebbero obsolete (tecnologicamente parlando) dopo pochi anni; e si rischierebbe di installare opere già vecchie in partenza, perché non c’è un budget tale da consentirne l’aggiornamento e la manutenzione. Inoltre (esperienza che ho vissuto più volte da spettatrice), spesso le opere che richiedono di essere azionate risultano spente o non funzionanti, ed è desolante. L’idea che propongo si basa sulla riflessione che ogni scorcio e ogni panorama di Castel S.Elmo è già un’opera, se la si guarda dedicandole il tempo che merita. Si tratta di piccoli interventi che attraversano tutto il castello, situati sia all’interno che all’esterno. In particolare, cuscini di diverse fogge e colori disegnati da me (e rivestiti con materiali resistenti, di recupero e facili ed economici da sostituire) per gli interni; e sedie di cinema e teatri napoletani dismessi. Tutti gli scorci individuati verrebbero contrassegnati da un cuscino o una sedia che indica il luogo da cui è consigliato godere della vista del castello e del panorama. Un’etichetta museale (luminosa negli interni e fluorescente negli esterni) darà il titolo alla veduta. Per es. in prossimità di una finestra del porticato una sedia di legno da cui ammirare il panorama, e sull’etichetta la scritta: “Panorama di Napoli da Castel S.Elmo, tempo di fruizione minimo 5 minuti”.

 

 

The bridge

Antonella Raio

L’opera “the Bridge” è una scultura video performativa che ha come finalità la nascita di un luogo non luogo creato per un “INCONTRO”. Due culture complementari in un cammino, reale/virtuale, si confronteranno grazie al mezzo della tecnologia, in un luogo lontano dal loro vissuto. La tecnologia in questo periodo storico ha totalmente cambiato il rapporto uomo/natura, aprendo le porte a nuove concezioni del “SE”. Un “Se” che può vivere contemporaneamente in più luoghi, un “Se” che perde il suo spazio privato per manifestarsi in uno spazio virtuale fatto di codici binari infiniti. “The Bridge” vuole usare la tecnologia nel suo manifestarsi quotidiano, vuole usare le stesse tecniche mediatiche che vediamo nei vari reality show cercandone una nuova finalità . Napoli è la città del contrasto, in cui vivono in un’eterna guerra fredda due culture opposte terribilmente forti. Le due culture di Napoli percorrono le stesse strade, respirano la stessa aria, annusano lo stesso odore di cibo che si diffonde per i decumani maggiori della città, ma pur essendo parte di uno stesso territorio generante, queste due culture hanno regole sociali divergenti, e tali divergenze confluiscono in un allontanamento che genera l’immobilità della città. L’opera “The Bridge” non vuole altro che un incontro tra queste culture. Inizialmente l’opera vedrà il Castel Sant’ Elmo e la periferia est di Napoli messe a confronto in un inconsapevole cedersi il posto, lo spettatore camminando per le navate di Castel Sant’Elmo si troverà catapultato in uno scorcio prospettico di periferia, proiettato in gradi dimensioni su uno dei muri del castello. Grazie ad una telecamera, un video proiettore e una linea telefonica, lo spettatore vedrà realmente ciò che succede nella periferia est di Napoli, e viceversa nella periferia Est di Napoli uno spettatore, camminando indifferente nel suo quartiere, si troverà catapultato in uno scorcio prospettico di Castel Sant’Elmo, proiettato sulla facciata di un bianco palazzo. L’opera sarà completata grazie al mezzo dell’interattività, due scale saranno fissate nei punti prospettici delle proiezioni, la sola presenza di una scala non lascia spazio a fraintendimenti, gli spettatori saranno invitati a percorrerla, ma il cammino che i loro occhi vedranno è quello opposto: lo spettatore che fruisce l’opera a Castel Sant’Elmo percorrerà una salita avendo come meta finale la sua proiezione opposta, cioè la periferia, e viceversa lo spettatore in periferia avrà come meta finale la proiezione di Castel Sant’Elmo. Grazie alle moderne tecnologie interattive il percorso fatto dagli spettatori verrà visto in contemporanea nel luogo opposto, al fine di far incontrare gli spettatori realmente in un luogo non luogo. Ciò che accadrà in questo incontro sarà dettato dal caso, si potrà assistere a una semplice presentazione, a un guardarsi negli occhi, potrebbe succedere che le due parti si offendano o nel peggiore dei casi si lascino indifferenti. Di certo entrambe le culture saranno cautelate da una distanza reale, ma ciò che sentiranno nel percorrere quella scala sarà puro sentire e difficilmente dimenticheranno il loro volto opposto. “The Bridge” potrebbe diventare un portale, un accesso spazio temporale tra due mondi. Aver adottato il nome “The Bridge” all’opera ne completa il significato, se immaginiamo di guardare a volo d’uccello l’incontro delle due scale nello spazio virtuale delle due proiezioni, noteremmo che le scale combaciano perfettamente, quest’unione le trasforma in un ponte che vive solo in un luogo altro da noi, un luogo creato dall' artificiale per rimettere in moto il “naturale”.

 

 

26 letters

Cristiano Tassinari

Il progetto che presento prende le mosse dall'utilizzo della fortezza come carcere, ricordo tra le molte la carcerazione del filosofo Tommaso Campanella, i patrioti napoletani, fiancheggiatori del partito comunista e, dopo la resa, i fascisti. La fortezza è stata nel corso dei secoli espressione del potere come luogo di detenzione in accordo con le alterne vicende storico-politiche. Ai prigionieri era proibito comunicare tra loro, ma trovarono tuttavia un modo per farlo, crearono un codice “TAP CODE” che rende possibile trasmettere messaggi lettera per lettera. Il tap code consiste in cinque file di cinque lettere e rappresenta tutte le lettere dell'alfabeto latino. Ogni lettera è comunicata attraverso il picchiettio di due numeri, il primo indica la fila orizzontale ed il secondo quella verticale. Più recentemente l'impiego del codice tap code o quadrato di Polibio, si ritrova nel cifrario nichilista usato dai nichilisti russi sia per secretare i loro messaggi sia come forma di comunicazione durante la prigionia sotto l'epoca degli zar. L'importanza della comunicazione nella condizione di reclusione ha un peso psicologico morale inimmaginabile per il mantenimento della Persona. In particolar modo vedo questo progetto come materializzazione empatica del dramma a cui è sottoposto l'individuo in assenza di libertà. Penso in particolar modo alle lettere dal carcere di Antonio Gramsci. Il progetto si compone di due elementi, A: tavola alfabetica “tap code” di 2,5 x 2,5 metri (misure da verificare in funzione agli spazi disponibili) in neon verde. B: un'installazione sonora con messaggi tap code provenienti da carcerati attualmente rinchiusi in istituti di detenzione. Con questo lavoro, ratifico un fatto, pongo la condizione della carcerazione come esperienza estrema dove la forza dello spirito trionfa attraverso le avversità.

 

 

Storia Vincitori e Finalisti

Concorso un'Opera per il Castello - Napoli, Castel Sant'Elmo
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webmaster Gabriella Pennasilico


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