Finalisti V edizione

CONCORSO GIOVANI ARTISTI– CASTEL SANT’ELMO, NAPOLI
UNO SGUARDO ALTROVE.
Relazioni e incontri.

 

I PROGETTI DEI 10 FINALISTI


 

chianese operaRadici della terra

Ciro Chianese

Il progetto che ho ideato per Castel Sant’Elmo si ricollega interamente alla tematica di quest’anno: esso, infatti, rimarca l’imponente struttura medioevale del castello e sottolinea la sua funzione di fulcro di una grande mappatura territoriale. A tal fine ho ideato una scultura composta da tanti elementi e ognuno di essi simboleggia un luogo. L’opera sarà composta da più di 50 sfere in terracotta: esse saranno successivamente sparse per il territorio circostante il castello. Posizionate in tutti i luoghi più importanti e lasciate lì per il più lungo arco di tempo possibile, cosìcchè quel dato ambiente possa effettivamente assorbirle e renderle “proprie”. La scelta della terracotta non è casuale: questo materiale, essendo poroso, assorbe tutto ciò che lo circonda. Pensare ad una di queste sfere posizionata in acqua lungo la costa, oppure seppellita lungo le pendici del Vesuvio, all’interno di una delle stanze del Castello Aragonese o nella Piscina Mirabilis, o ancora in uno degli ambienti di Napoli Sotterranea e, successivamente, recuperata dopo tanto tempo da posti del genere, significherebbe riprenderla rigenerata e arricchita da colori e profumi nuovi. La scelta di ogni singolo posto dove verranno posizionate le sfere sarà studiata e ben progettata. È mia intenzione documentare il momento in cui verranno distribuite e raccolte le sfere, in modo da fornire anche una testimonianza video: esse saranno numerate e registrate annotando il luogo in cui sono state depositate, in modo tale da compilare una breve scheda tecnica e posizionarla ai piedi della scultura. In questo modo il pubblico potrà conoscere più nel dettaglio l’opera stessa e con essa anche la grande importanza strategica di Castel Sant’Elmo. Tutte le sfere in fine saranno portate al castello: istallate e sospese a grappolo con un sottile cavo d’acciaio fissato ad un tubolare metallico.

 

cusani operaψευδοραμα (pseudorama)

Cristina Cusani

Pseudorama è un'opera progettata per unire idealmente e visivamente quattro musei del Polo che si trovano ai 4 punti cardinali. Partendo da Castel Sant'Elmo che rappresenta un punto centrale, ho scelto quattro luoghi altrettanto panoramici, che fossero posizionati in maniera diametralmente opposta sulla mappa: i castelli di Baia e di Montesarchio la Certosa di Capri e la Reggia di Carditello. La mia idea è quella di posizionare sulla terrazza del castello quattro finti binocoli panoramici puntati in direzione dei quattro luoghi scelti, che invece di ingrandire la realtà antistante, mostreranno il panorama che si vedrebbe se ci si trovasse in un altro dei quattro musei. Vi è quindi un inganno e uno spiazzamento sulla visione del panorama che diventa uno pseudorama dal greco pseudos (inganno) orama (vista) ovvero una finta veduta. Il titolo si riferisce infatti all'illusione legata all'aspettativa di vedere il panorama e di trovarsi invece davanti ad un'altra immagine, altrettanto reale, ma che non corrisponde alla realtà geografica. Come nella realtà virtuale, creerò la visione tridimensionale di uno scenario realmente esistente, ma geograficamente dislocato. All'interno di ogni binocolo ci sarà un'immagine stereoscopica, composta da due immagini simili ma con prospettive diverse, che darà alla mente l’illusione di guardare una scena tridimensionale. Ho scelto di utilizzare la stereoscopia che è un'antica tecnica atta a dare l'illusione della tridimensionalità, perché è la tecnologia da cui gli scienziati stanno partendo per realizzare i visori della realtà virtuale. In un momento in cui si tende a guardare il mondo attraverso un display e la corsa alla costruzione di visori per la realtà virtuale è diventata sfrenata, ho deciso di costruire un'opera che parte da due tecnologie antiche e ormai quasi in disuso come il binocolo panoramico e la stereoscopia per svelare l'illusione e mostrare che nessuna tecnologia potrà mai sostituire l'immaginazione.

 

denapoli operaLightness Device

Niccolò De Napoli

Lightness Device (Dispositivo di leggerezza) Fermarsi e contemplare. Accompagnare lo sguardo altrove, riuscendo a comunicare sensazioni e percezioni visive attraverso un progetto artistico che fonda insieme il gioco e nello stesso tempo la fruizione stessa dell’opera d’arte come elementi di connessione capaci di fermare il tempo e aiutare la fantasia. L’idea di questo progetto prende vita partendo da una sedia di arbitro da tennis, dove lo spettatore-fruitore è invitato a diventare protagonista dell’azione-artistica contemporanea. Osservare lo scorrere del tempo contemporaneo, attraverso un’opera d’arte. Attraverso il suo utilizzo. La sedia diventa una nuova macchina del tempo che ci permette di fermare la nostra corsa e di vivere il mondo che ci circonda. Un progetto che ribalta la prospettiva e il ruolo dell’ opera d’arte, invitando (chi lo desidera) a scorgere nuovi scenari ma nello stesso tempo a considerare la forte connessione visiva che l’opera d’arte riesce ad avere con le architetture circostanti. Il titolo dell’opera è Lightness Device (Dispositivo di leggerezza) e si compone di tre elementi (appunto tre grandi sedie a dondolo) da disporre sulla terrazza o sui camminamenti degli spalti del Castello in maniera tale da collegare poeticamente con lo sguardo tutti i musei del Polo .Così come esistono i parchi giochi disseminati nelle aree verdi della città, l’opera ha lo scopo di aggiungere al momento di sosta del fruitore del museo una nuova dimensione poetica e di connessione visiva e spirituale con il territorio. La relazione con il territorio diventa dunque un gioco costruito dall’immagine circostante, dalla capacità di comunicare verità tangibili attraverso emozioni che solo un territorio e un paesaggio come quello di Napoli riescono ad esprimere.

 

donisi operaN.aif

Marco Donisi

“N.aif” è il nome dell’opera che ho deciso di realizzare. Per intero può essere letto come “naif”, che riconduce molto alla mia essenza e a quella dell’opera: rappresentare con semplicità e candore aspetti comuni della vita quotidiana che si trasforma in una visione poetica e magica della realtà. Semplice, non artefatta, ma carica di grande suggestione. La “N” sta per Napoli e “.aif” è l’estensione del formato digitale audio che ho deciso di adottare, perché è un’estensione che non comprime il file. N.aif riprodurrà l’audio del tragitto (di “x”) da Castel Sant’elmo ai vari musei del Polo, creando dei ponti, delle relazioni tra essi. Cosa ci racconterà di preciso, oltre alle melodie quotidiane della città, è un’altra incognita (“y”). N.aif è nata anche confrontandomi con lo spazio di Castel Sant’elmo. Quando esco dall’ascensore, Piazza d’armi mi proietta in un quadro di De Chirico, e mi dispiacerebbe compromettere una tale bellezza. Ed è per questo che ho deciso che N.aif, esteticamente, sarà composta da un piccola lastra di plexiglass di 50x50 cm e spessa 1 cm sulla quale sarà installato Ottone™ che è un rivoluzionario sistema audio di dimensioni ridotte ( 5 x 5 cm) in grado di trasformare in un altoparlante qualsiasi superficie su cui è applicato. Il tutto verrà installato sulle mura esterne del castello, leggermente al di sotto di alcuni punti panoramici, da cui si può godere di una visione completa della città di Napoli, del suo golfo, del Vesuvio, dei Campi Flegrei e dell’entroterra campano: senza rompere il silenzio metafisico del Castello, solo chi si affaccerà alla città potrà sentire la sua voce.

 

 
esposito operaStormi

Flaviano Esposito

Stormi è una piattaforma attraversata dal vento, sulla quale nulla agisce e tutto cambia continuamente. Stormi è l’opera progettata per la Piazza d’armi di Castel Sant’Elmo, composta da sei sedute in tufo e vetro che saranno diffuse lungo i camminamenti, scandendo un percorso orientato uno schema specifico. L’estetica diventa elemento funzionale nella relazione tra i visitatori, l’edificio storico e il paesaggio: attraverso l’utilizzo delle sedute, si potrà interagire con la pietra che costituisce le fondamenta del Castello, lasciando aprire lo sguardo allo sconfinamento del paesaggio e favorendo la condivisione dell’esperienza della sosta. La forma degli elementi dell’installazione è suggerita dai segni tracciati dai secoli, visibili sulla viva roccia in tufo sulla quale sorge il castello che, per la sua posizione sopraelevata, è quotidianamente esposto al vento e agli agenti atmosferici. La base in vetro azzurro iridescente è il risultato di un processo di triangolazione che si pone in continuità con gli studi dei matematici di Georgij Voronoi e di Boris N. Delaunay e si apre ai recenti sviluppi delle geometrie resilienti e ai meccanismi di calcolo parametrico delle onde elettromagnetiche e del wi-fi. La forma apparentemente caotica che ne risulta, caratterizza la grafica computazionale e parametrica ma è riconoscibile anche in molte strutture naturali, come nei disegni degli stormi in volo. Questa struttura orienta la disposizione dei blocchi di tufo, materiale scelto per le sue caratteristiche fisico-chimiche e per la coerenza con il complesso monumentale. I blocchi deviano l’attraversamento del visitatore, si fanno sedute primitive e minime, innescano meccanismi relazionali tra i visitatori. Gli agenti atmosferici e il passaggio dei visitatori modificheranno la forma delle sedute, entrando in relazione con il lento processo di trasformazione del tufo.

 

mohitiasli gruppo orizzontale operaQuattro di maggio

Gruppo Orizzontale

A Napoli l'espressione quatt’ ’e maggio ha un significato antico e ben preciso: era il giorno in cui si pagava l’affitto. Chi non aveva i soldi, cambiava casa. La locuzione divenne sinonimo di “trasloco” ed è rimasta in uso per indicare qualsiasi azione che comporti un cambiamento profondo di abitudini e stile di vita. L’archetipo del carretto, carico all’inverosimile di oggetti e usato nei traslochi, ma anche dai venditori ambulanti, o dagli “apparecchiatori” di feste popolari, come nella commedia eduardiana Le voci di dentro, diviene metafora di un trasferimento fisico e di significato, un dispositivo con cui migrare verso una nuova percezione dello spazio circostante. Questo è per noi Uno sguardo altrove: questo spazio, la Piazza d’Armi, in trasformazione, e integrazione, da luogo storico a polo culturale a, nell'orizzonte, spazio pubblico. Quattro di Maggio è un’installazione composta da 150 sedie, montate su un carrello con ruote e legate insieme in maniera apparentemente provvisoria. La struttura crea una nuvola che proietta ombra sul piazzale e ospita al suo interno un passaggio e delle nicchie per sostare. Quindici sedie sono svincolate dalla struttura principale e possono essere utilizzate liberamente dai visitatori del Castello. Il modo in cui le sedie vengono aggregate, a prima vista senza logica né stabilità, riprende l’immaginario figurativo di riferimento - il carretto, il quatt’ ‘e maggio - per introdurre una riflessione sulla spontaneità dei processi di appropriazione degli spazi collettivi e sulla doppia natura dello spazio pubblico, in quanto spazio della privacy ma anche territorio di incontri ed eventi. E infine la sedia a sé: elemento riconoscibile e di uso comune, che invita a un uso concreto dell’installazione. L’opera si rivela una vera e propria infrastruttura relazionale: attraverso un intervento minimo, quasi un suggerimento, invita alla fruizione libera della Piazza d’Armi e apre la strada a inediti scenari di trasformazione.

 

nestoroski operaCiù-Ciù

Stefan Nestoroski

Distribuire e installare un sistema di riproduzione acustica, che percorre tutta la lunghezza degli spalti, in 12 unità - una per ogni punta e ogni conca della pianta stellare della fortificazione. Ognuno di questi altoparlanti trasmette in tempo reale i rumori e i suoni rilevati in un punto definito della città, la laguna o l’entroterra. I microfoni che prelevano i paesaggi acustici sono sparsi nei chiostri dei musei del Polo museale; nei luoghi opportuni per cogliere i rumori di strada; i posti vicino al porto, nella struttura del mercato rionale, in un parco. I rumori, la cui provenienza topografica non viene esplicitamente resa nota, vengono trasmessi come gli inafferrabili particolari dalla vista panoramica: il brusio di una via, il passaggio di macchine, la musica dell’artista di strada, i rumori del porto e del mercatino, qualche uccello, i passi in un chiostro. A mezzogiorno ritmano tutti a suon di campane dalle chiese nelle vicinanze di ogni microfono installato. Ciò che vorrei proporre è nell’insieme un effetto incospicuo, una sottile sovrapposizione di senso, un intervento trasparente. La veduta imponente corredata da miniature acustiche, prelevate da li sotto; il panorama secolare che non cambia, accompagnato da eventi che cambiano ogni istante e che ricostruiscono continuamente il senso della relazione tra Castel Sant’Elmo e la città sottostante. Il sussurrio del territorio, o “ciù ciù” nell’inflessione onomatopeica napoletana. Oltre a questo rapporto semplice tra vista panoramica e intimi rumori urbani, una seconda fase farebbe emergere, attraverso un lavoro empirico e in in situ, delle relazioni tra le singole fonti dei segnali. In particolare, la disposizione dei ricevitori/altoparlanti sugli spalti verrebbe curata-regolata per creare un effetto sensibile significativo, attraverso cui l’installazione si potrà proporre come una lettura, oltre che come un’esperienza curiosa.

 

rossetti operaSans timbre ni marteau

Marco Pasquale Rossetti

L'intensita' di una presenza avvolgente accorcia le distanze attraverso il suono. Con l'ausilio di un semplice gesto che aziona la manopola, _Sans timbre ni marteau_ sprigiona melodia come dialogo alle culture, un invito a partecipare, ad ascoltare e a lasciarsi coinvolgere da questo legame. I punti che la definiscono sono riportati sul cilindro dalla collocazione esatta dei poli museali campani su cartina geografica. Tale precisione induce a un definito stato di coscienza dove le distanze stesse diventano imprecise, marginali. Un incontro metaforico con una concezione idilliaca della comunicazione ma un tangibile intreccio di luoghi e note differenti che attivano consapevolmente e armoniosamente questa relazione. Carillon d'acciaio inossidabile. Dim.: 150X210 cm.

 
 
russo operaI blu di Napoli

Irene Russo

L’opera proposta per il tema “ uno sguardo altrove, relazioni e incontri”, nasce dall’ esplorazione del concetto di relazione che propone il castello come punto d’ unione dei vari luoghi che lo circondano. I blu di Napoli, parte proprio dalla campionatura di alcune sfumature dei paesaggi di Napoli visti dal Castel Sant'Elmo, a cui si uniscono i colori del cielo che si specchiano in uno dei pannelli e la proiezione diretta continua del colore del mare, ripreso ed inviato da una microcamera nascosta posizionata in direzione del mare, in modo di poter catturare le infinite variazioni tonali dei suoi colori. L’ opera sarà un installazione costituita da vari scomparti in cui le varie sfumature di colore,date dalla campionatura cromatica, saranno realizzate attraverso l’ uso di smalti e pigmento puro reso impermiabile, da una superficie specchiante e da uno schermo, inoltre i lati dell’ installazione saranno rivestiti da specchi, in modo da riflettere il pavimento sul quale è collocato. L’ idea dell’ analisi dei colori nasce dalla posizione strategica del Castello che, posizionato su di un altura,ha il privilegio di dominare Napoli, creando una fusione tra cielo e mare. L’ opera racconta proprio di questa relazione tra castello e paesaggio e analizzare la componente temporale e i suoi mutamenti, e cerca d’ incuriosire lo spettatore e a farlo soffermare sulle bellezza delle sfumature, ad alzare la testa verso il cielo per non accontentarsi del solo riflesso e di ricercare il colore del mare per non guardarlo solo attraverso uno schermo, ad interrogarlo e a porre “uno sguardo altrove” e verso se stesso.

 
zanetti operaCerca&Illumina/Search&Light up

Virginia Zanetti

L'idea è quella di unire attraverso la luce e l'interazione delle persone, i vari edifici museali del Polo, posti in più punti geografici della città di Napoli. Il lavoro prende spunto da un metodo usato dagli antichi per comunicare su grandi distanze. Per realizzare questo verranno posizionati: a Castel Sant'Elmo uno specchio circolare orientabile, in un punto da cui siano visibili il maggior numero delle altri sedi museali del Polo, e uno specchio circolare retroriflettore in un punto esterno di ciascuna delle altre sedi, puntato verso la fortezza. Lo specchio di Castel Sant'Elmo potrà essere orientato dalle persone in modo che la luce del sole riflessa vada verso una delle altre sedi e così vedere “brillare”, per la luce rimandata indietro dal retroriflettore, il museo in lontananza. Questo a sua volta vedrà brillare la fortezza che diventerà il centro dove convergono i sentieri di luce tracciati tramite la relazione. Si viene così a creare un sistema di comunicazione simbolico tra la luce del sole, le persone ed i musei, che diventano parte viva del paesaggio. Le persone, manovrando lo specchio a Castel Sant'Elmo, potranno illuminare di volta in volta i vari musei del Polo solo in circostanze specifiche, quando il cielo non è nuvoloso e in alcuni momenti della giornata, visto che il sole si muove continuamente sulla volta celeste. Solo quando si colpirà con la luce riflessa dallo specchio della fortezza il retroriflettore di un altro museo si vedrà nascere un nuovo sole. I vari musei del Polo saranno tra loro uniti tramite messaggi di luce scaturiti dall'interesse delle persone.

 

 

 

 

 

Storia Vincitori e Finalisti

Concorso un'Opera per il Castello - Napoli, Castel Sant'Elmo



webmaster Gabriella Pennasilico


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